Vengono raccontate credenze, superstizioni popolari, i riti legati alla “magia. Si suole suddividere la magia in due branche: bianca e nera. La magia bianca mira a procurare all’uomo un benessere fisico e morale, mentre quella nera provoca il male e la morte. Significativa è la figura della masciàra, strega-fattucchiera che si occupa di filtri e pozioni, con cui cura i malcapitati. Alla masciàra, strega buona, fa da contraltare la stiàra, strega cattiva che di notte con le colleghe danza attorno al noce e si trasforma in gatto. Il mondo magico di stiàre, masciàre, sciakùddhi (folletti dispettosi) riempiva le lunghe notti invernali ed acquietava animi semplici, quando non riuscivano a spiegarsi fenomeni spesso naturali, come ad esempio i fuochi fatui. Altra figura è quella del “mommo”(maumau), fantasma che incute terrore, soprattutto nei bambini. Tra le credenze popolari, lu ‘nfascinu, il malocchio, si manifesta con un forte mal di testa che scompare con formule magiche e preghiere recitate dalla masciàra. Corollario consueto sono poesie, ricette, proverbi e la rassegna di eventi accaduti nell’anno appena trascorso.